Produzione Epal stabile, perdono i bancali Fitok ma la digitalizzazione sta aiutando il settore della logistica ad affrontare (e superare) le nuove sfide.
Il mercato dei pallet Epal tiene botta nonostante la pandemia. Nel primo semestre del 2020, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la variazione di pallet prodotti ha fatto registrare una lieve flessione, pari al -2%, 97 mila pallet in meno immessi sul mercato.
Analizzando nel dettaglio i numeri ufficiali, da gennaio a giugno 2020 sono stati 5,4 milioni i pallet Epal prodotti, dei quali 3,3 milioni nuovi (-1% rispetto al 2019) e 2,1 milioni riparati (-3%).
A pesare in negativo è soprattutto il secondo trimestre dell’anno, quello che ha risentito degli effetti immediati dell’emergenza Covid, mesi nei quali c’è stata una diminuzione del 7%. In totale sono 2,7 milioni i pallet Epal messi in circolazione (1,6 milioni nuovi e 1,1 milioni riparati) contro i 2,9 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente.
Questi i numeri forniti come di consueto da Conlegno (di cui Ribo Pallets fa parte), il consorzio che gestisce i marchi internazionali di prodotto Epal e Fitok per l’Italia.
“La struttura del consorzio, anche durante l’emergenza, non si è mai fermata. Ha permesso così a produzione e riparazione di andare avanti, come di consueto, nel pieno rispetto delle normative – ha spiegato Orlando Fravega, presidente di Conlegno -. I pallet, e gli imballaggi in legno in generale, rappresentano infatti una risorsa fondamentale per il commercio e mantenere attiva la loro produzione anche in condizioni difficili significa permettere agli italiani di ricevere beni fondamentali per la loro quotidianità”.
Se i pallet Epal hanno tenuto, per effetto della quarantena e delle chiusure forzate sono calati invece sensibilmente i volumi degli imballaggi in legno del marchio Fitok, i pallet principalmente destinati al mercato extra UE. La produzione del secondo trimestre 2020 è scesa del 20% rispetto allo stesso periodo del 2019, per un totale di 570 mila metri cubi di legno sottoposto a trattamenti fitosanitari.
Il digitale fulcro della logistica post Covid
I pallet hanno resistito fin qui alla crisi grazie al loro ruolo di indispensabile supporto alla logistica, ma la logistica come è riuscita a organizzarsi e a rinnovarsi in tempo reale?
Se la pandemia ha portato qualcosa di buono, questo sicuramente è l’accelerazione tecnologica in molti settori. Nella logistica si faceva già prima un massiccio uso di processi digitalizzati, ma è cambiata la centralità strategica.
La supply chain digitale si basa soprattutto sui dati, grazie ai quali si riesce a mettere in pratica:
- Inventario e posizionamento a scaffale online.
- Gestione on line degli stock in e out.
- Tracking elettronico dei materiali.
- Identificazione di out-of-stock e pianificazione automatica dei materiali: integrati in un unico ecosistema condiviso internamente tra le varie funzioni aziendali, ed esternamente, tra i fornitori e distributori, ha costituito il vero fattore abilitante di competitività.
La digitalizzazione ha permesso alle aziende che già avevano avviato questo percorso di adattarsi agilmente al mutare delle condizioni e di reagire in tempo reale. C’è chi ci riesce in anticipo, in modo predittivo, per esempio sulle interruzioni nella catena di fornitura, modulando completamente i processi sulla base di scenari possibili e condizionali (“what-if”).
Il fulcro della supply chain digitale è il software di gestione, sia nel caso di un prodotto standard (su licenza on-premise o Saas, cioè ‘Software as a Service’, quasi sempre usato via web) sia proprietario, cioè sviluppato ad hoc sulle esigenze sempre più peculiari dell’azienda.
Tra le tecnologie cosiddette esponenziali che hanno permesso di abilitare questo tipo di logistica, ci sono l’Internet delle cose (Iot: Internet of Things), intelligenza artificiale, realtà aumentata e robotica. Quest’ultima, in particolare, grazie al Covid-19 ha fatto un vero e proprio salto.
Il boom della robotica
A favorire la crescita della robotica nella logistica è stato prima di tutto il commercio elettronico. Ora con le limitazioni imposte dalla pandemia alla presenza fisica dei lavoratori, le aziende stanno guardando sempre di più a questa tipo di tecnologia per gestire il mutato scenario.
Se la robotica non è nuova nel settore della logistica, sono però oggi nuove e diverse le abitudini di consumo che la pandemia ha contribuito a diffondere. La novità di questo scenario è la sempre maggiore necessità che le aziende della logistica hanno di lavorare in maniera più rapida ed efficiente.
Come abbiamo scritto nel paragrafo precedente, le supply chain sono sempre più digitali e i magazzini sempre più complessi da gestire. Per questo, le piattaforme di robotica sono diventate più intelligenti, grazie anche a tecnologie come l’intelligenza artificiale, il machine learnig e l’utilizzo di sensori.
Come spiegato qui, la robotica usata nei magazzini si divide essenzialmente in 4 tipi:
- Gli AVG (Automated Guided Vehicle), veicoli che si muovono automaticamente, trasportano merci e parti della produzione su percorsi prestabiliti oppure ottimizzati.
- I bracci robotici, usati per svolgere compiti ripetitivi (in logistica ‘pick and place’) e pericolosi per un addetto.
- I robot autonomi, quelli che usano sensori e si muovono più liberamente’.
- I droni.
Grazie a questi strumenti di robotica, le aziende sono in grado di diminuire la presenza fisica delle persone in magazzino per destinarle così a mansioni di controllo, mentre a occuparsi delle operazioni sono dei robot.
Questo aumenta l’efficienza e la velocità di gestione del magazzino, così come la movimentazione delle merci e l’evasione degli ordini. Non tutte le aziende possono arrivare al 100% di automazione, ma si può raggiungere comunque a un livello molto alto.